lunedì 23 luglio 2007

STUDI DI SETTORE: COSA SONO?

Studi di settore: tutti ne parlano ma quanti sanno in realtà cosa sono? (a parte una gran rottura di scatole ovviamente).
Gli studi di settore non sono altro che uno dei metodi a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per porre in atto la propria attività di accertamento, ovvero quel insieme di attività di controllo sulle dichiarazioni e sugli atti utilizzati dal contribuente per l’autodeterminazione dell’imposta da liquidare.
Queste attività di controllo si possono innanzitutto distinguere in due tipologie:

  • attività di controllo formale;
  • attività di controllo di merito;

dove, generalmente, la seconda è diretta conseguenza di qualche sospetto generato dalla prima.
Il controllo di merito, infatti, è decisamente più “invasivo” per il contribuente e può essere volto a rettificare il reddito complessivo (se si tratta di IRPEF o IRES) o il volume d’affari (se si tratta di IVA) del contribuente stesso (c.d. accertamento generale) ovvero solamente alcuni dei suoi redditi (c.d. accertamento parziale) di un determinato periodo.
Rimanendo nel caso dell’accertamento generale abbiamo che lo stesso è classificabile secondo due gradi di gravità:

  • accertamento generale analitico, applicabile dall’Amministrazione Finanziaria in tutti i casi;
  • accertamento generale induttivo, applicabile dall’Amministrazione Finanziaria solo in particolari circostanze gravi precise e concordanti.

L’accertamento induttivo si applica solamente ai redditi derivanti da attività d’impresa e di lavoro autonomo (non occasionale) riguardando, perciò, esclusivamente i soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili.
Anche l’accertamento induttivo è classificabile in due tipologie:

  • accertamento tradizionale, secondo il quale l’Amministrazione Finanziaria determina il reddito sulla base dei dati e delle notizie in suo possesso senza tener conto in tutto o in parte delle risultanze del bilancio e delle scritture contabili;
  • accertamento basato sugli studi di settore (art.62-bis D.L. 30/08/1993 n. 331), cioè strumenti statistico-matematici finalizzati ad individuare le condizioni effettive di operatività di imprese e professionisti e a determinare ricavi e compensi che con “ragionevole” probabilità possono essere loro attribuiti.

A questo inquadramento generale cercherò di far seguire, in futuro, alcuni post di approfondimento sull’argomento.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Spiegazione che definirei assolutamente criptica.
Non sono un commercialista ma un contribuente che vorrebbe capire ma in questo testo non esiste una spiegazione ne analitica ne pratica. Se il testo fosse rivolte a sole persone competenti penso invece che risulterebbe assolutamente inutile visto che "competenti" vorrebbe dire in questo caso persone che ne sarebbero già a conoscenza.

Daniele_Kiko ha detto...

da questo post si capisce cosa sono gli studi di settore, analisi matematiche e statistiche su quanto un impresa può teoricamente produrre e quindi guadagnare.
mi risulta, da profano, che qual'ora un'impresa sottoposta a studi di settore risulti al di sotto della soglia stimata, debba per legge pagare la differenza anche se non l'ha effettivamente incassata,che potrebbe quindi essere causa di operazioni non dichiarate, è vero?

Anonimo ha detto...

no, l'impresa e' tenuta a dichiarare dati fedeli alla realta', anche se il reddito e' minore di quello previsto dallo studio di settore, e' chiaro che poi in fase di accertamento si dovra' dimostrare che e' realmente cosi'